sinossi

Il pane a vita” segue per un inverno la vita quotidiana di un gruppetto di ex operai ed operaie del Cotonificio Honegger di Albino, ascoltandone in particolare tre, la quarantenne Lara Vezzoli e le gemelle cinquantenni Liliana e Giovanna Ghilardi, assieme ad i loro colleghi Anania Zenoni e Lorenzo Signori.

Prende le mosse dal presidio che per un mese, ad ottobre 2012, ha attratto la solidarietà e lo smarrimento degli abitanti della cittadina e della valle ed ha costretto il padrone della fabbrica, Pietro Zambaiti, ad un serrato confronto, senza però riuscire ad impedire la chiusura delle attività. Racconta ciò che succede dopo: l’attesa della cassa integrazione, le buste paga a zero euro, una vita che si reinventa e si contrae attorno alla mancanza di denaro e di un’occupazione.

Cotonificio-Honegger

Ma la perdita è più vasta di quel che sembra a prima vista: come la maggioranza delle loro colleghe, Lara, Giovanna e Liliana lavoravano dove lavorava la madre ed erano convinte di aver trovato nel lavoro “il pane a vita”.

Superato il trauma del crollo di qualcosa che credevano eterno, impastato nella loro storia di vita ed in quella delle loro famiglie e dell’intera comunità, si rendono conto che trovare un altro lavoro, ricostruire l’equilibrio su cui si basava la loro identità, sarà forse impossibile. E non solo per via dell’età e delle competenze maturate, ma perché qualcosa è realmente finito, e non è solo una fabbrica specifica, o il modello industriale di una valle di provincia; è, come dice Liliana, “un’epoca: un modo di vivere, un modo di lavorare, una cultura del lavoro che non esiste più”.

Come cambiano identità legate da generazioni alla certezza ed alla nobiltà del lavoro? Come ci costruisce un modo per andar avanti lo stesso? Che cosa possiamo immaginare – in un territorio in cui il lavoro è sempre stato centrale – per riempire quel vuoto? Ed infine, e soprattutto: ora che il pane è finito, come ci reinventiamo la vita?

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